Pubblichiamo di seguito l’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016, che segna il primo passo verso un deciso cambiamento nell’approccio alla pianificazione delle infrastrutture e dei trasporti in Italia.
L’Allegato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica” del DEF 2016 è un documento complesso, che parte dalla definizione di un nuovo approccio alla pianificazione, basato sulla individuazione degli obbiettivi e delle strategie che debbono guidare la politica dei trasporti, il quale contrasta nettamente con la situazioni attuale. Il documento pone infatti in evidenza che quest’ultima è caratterizzata da un proliferare di progetti, non inseriti in una logica di programmazione, i quali, anche quando riescono ad essere realizzati, richiedono tempi lunghissimi per carenze di progettazione, difficoltà finanziarie e rapporti difficili con i territori che spesso ne contestano l’utilità.
L’idea centrale del documento consiste, a mio parere, nel considerare i nodi in cui sono concentrate le attività strategiche del Paese l’elemento fondamentale della Pianificazione dei Trasporti, ribaltando la logica dei corridoi, i quali vengono considerati non dotati di una funzione autonoma, ma soltanto come archi di una rete che connette i nodi principali del Paese. Penso che il problema fondamentale di tale approccio consiste nella individuazione dei nodi, la quale deve tener conto delle profonde modificazioni verificatesi negli ultimi decenni nell’economia mondiale per effetto della globalizzazione. Questa, favorita da una parte dalla liberalizzazione dei commerci, dall’altra dalle innovazioni nelle comunicazioni e nei trasporti, ha dato luogo ad una grande frammentazione dei processi produttivi, sia delle merci che dei servizi, in una sequenza di stadi in cui ciascun Paese cerca di inserirsi in quelli nei quali ha un vantaggio competitivo.
Questo fenomeno porta ad una specializzazione di ciascun Paese in alcuni particolari settori dell’economia, con la conseguenza di ridurre notevolmente, o addirittura di annullare, il contributo di settori che talvolta hanno avuto storicamente grande importanza. Il documento individua nel manifatturiero e nel turismo i due settori fondamentali per l’economia italiana. Io penso che sia il turismo il più importante, perché il suo vantaggio comparativo rispetto ad altri settori è in Italia nettamente superiore a quello di altri Paesi, e potrebbe quindi catturare una quota considerevole del turismo mondiale.
Dalla individuazione dei settori strategici deriva la scelta dei nodi, la cui ubicazione dipende dalla distribuzione sul territorio delle attività economiche appartenenti ai settori strategici, e quindi il disegno del sistema dei trasporti. Il documento individua nelle città e nelle aree metropolitane questi nodi, ed insiste sulla necessità di dedicare ad essi ed ai loro collegamenti, interni ed internazionali, il massimo sforzo nella futura politica dei trasporti.
Questo approccio, basato sulla individuazione dei settori strategici per l’economia del Paese, dei nodi in cui le relative attività sono concentrate, e sulla definizione delle infrastrutture e nei modi di trasporto che costituiscono i collegamenti fra di essi, rappresenta una profonda innovazione innanzi tutto dal punto di vista concettuale. Penso che esso dovrà essere spiegato in modo approfondito e incisivo nel futuro Piano dei Trasporti e della Logistica che da tale approccio prenderà le mosse. Infatti le resistenze e le obbiezioni saranno numerose e notevoli, non solo perché ci si scontra con interessi consolidati, ma anche perché si mettono in discussione modi di pensare superati dai tempi, ma ancora molto radicati e diffusi. Basta pensare, a tal proposito, alla logica con cui è concepita la politica Europea dei trasporti.
Allegato Infrastrutture: luci e pericoli
L’allegato “Infrastrutture” al DEF 2016 pubblicato negli scorsi giorni presenta un importante elemento di discontinuità rispetto al passato. Per la prima volta si esplicita la volontà di “valutare tutte le opere in modo omogeneo e selezionarle in modo trasparente”. Viene inoltre delineata con forza la volontà di procedere ad una “Project review” delle scelte pregresse in funzioni delle mutate condizioni di mercato. Dalla lettura del documento sembrano però emergere alcuni pre-giudizi che potrebbero essere usati strumentalmente per limitare il grande il potenziale innovativo dell’approccio sopra delineato.
Infrastrutture e competitività del trasporto su ferro
Dalla lettura del documento pare di capire che le grandi opere ferroviarie di valico facenti parte del “Core Network” TEN-T – tra le quali il terzo valico dei Giovi ed tunnel di base Torino-Lione dovrebbero essere realizzate a prescindere da una valutazione economica (le valutazioni “terze” che sono state effettuate in passato hanno portato a risultati negativi) in quanto “o la limitata capacità disponibile o le caratteristiche tecniche delle linee esistenti non rendono sufficientemente competitivo il trasporto delle merci via ferro”. Come è stato illustrato su queste pagine in passato, per entrambe le opere non sussistono veri limiti di capacità e, comunque, la realizzazione delle nuove opere modificherebbe marginalmente i costi ed i tempi di inoltro del trasporto su ferro, la cui competitività rispetto alla gomma rimarrebbe sostanzialmente immutata. Il nuovo approccio introdotto nell’allegato potrebbe consentire una riflessione anche su queste opere.
Sostenibilità e riequilibrio modale
Ritorna poi a più riprese nel testo il tema del riequilibrio modale da conseguire tramite la “cura del ferro” e quella “dell’acqua” ai fini del perseguimento della sostenibilità del settore. Il confronto con altri Paesi che, nei decenni passati hanno già attuato tali terapie, mostra però la ridotta efficacia di tale approccio: ingenti investimenti e sussidi a favore dei modi di trasporto a minore impatto ambientale hanno ricadute che possono essere quantificate in pochi punti percentuali di riduzione della quota di trasporto su gomma. Il livello di sostenibilità del settore dei trasporti – sia con riferimento alle emissioni di inquinanti locali che di gas serra – è quindi quasi esclusivamente dipendente dalla evoluzione tecnologica e dagli standard di emissione europei.
Non appare quindi coerente con il nuovo approccio del DEF definire un “target di mobilità sostenibile” espressa come una ripartizione della mobilità urbana con il 40% di trasporto pubblico, così come fissare ex-ante un obiettivo di un aumento del 30% dei km di tram/metro per abitante entro il 2030. Un approccio simile a quello delineato nel DEF è stato adottato nei decenni passati in Francia: gli esiti sembrano essere quantomeno dubbi[1]. Per restare da noi, può essere utile guardare alla realtà di Torino, un’area metropolitana che nell’ultimo decennio ha sperimentato una massiccia “cura del ferro” con un investimento complessivo per la prima linea di metropolitana e per il passante ferroviario di 2,4 miliardi di €. A valle di questo investimento la quota modale degli spostamenti su mezzo pubblico è rimasta pressoché invariata, intorno al 18%. Anche qui le straordinarie innovazioni metodologiche del daf consentirebbero importanti approfondimenti.
Finanziamento centrale o locale?
Appare inoltre discutibile l’opportunità che infrastrutture urbane di cui trarranno beneficio esclusivamente coloro che risiedono nelle aree interessate debbano essere finanziate a livello nazionale, per di più con una previa identificazione del modo di trasporto su cui puntare (una identificazione “previa” contraddice il concetto di valutazioni comparative). Sarebbe forse auspicabile che ogni singola realtà si assumesse oneri ed onori di tali scelte, sempre utilizzando gli strumenti proposti dal DEF.
Sussidi o internalizzazione dei costi esterni?
Infine, è la stessa logica del “sostegno” ai modi di trasporto a minore impatto sull’ambiente, che potrebbe essere ora finalmente essere verificata caso per caso sulla base di specifiche valutazioni.
In termini più generali, sia con riferimento all’efficienza che all’equità delle scelte, sarebbe preferibile e, oggi, tecnicamente fattibile, una politica volta ad applicare il principio – teoricamente sostenuto dalla UE – del “chi inquina, paga”. E’ possibile che con un tale approccio le scelte in termini di infrastrutture da realizzare (e le ricadute sulla finanza pubblica) differiscano in alcuni casi da quelle che emergono dall’allegato al DEF.
In ogni caso, si ripete, definire scelte modali o progettuali a priori in alcuni casi potrebbe contraddire il concetto di valutazione, perfettamente consolidato a livello europeo anche per la dimensione ambientale (i “costi esterni”), e oggi pienamente promosso dai contenuti metodologici innovativi proposti dall’allegato infrastrutture del DEF.
[1] Bouf, D., Hensher, D., 2007. The dark side of making transit irresistible: The example of France. Transport Policy, 14 (2007) 523–532
Allegato Infrastrutture DEF 2016.
Verso una politica dei trasporti sostenibili. Ma c’è il rischio concreto che cancellata la legge obiettivo restino le grandi opere in corsa.
di Anna Donati
Cambia pelle l’Allegato Infrastrutture al DEF 2016, almeno a parole. Non più il solito Piano di Infrastrutture Strategiche (PIS) previsto dalla Legge Obiettivo, ma un documento di “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica” che configura la nuova politica del Ministro Graziano Delrio per la mobilità e le reti.
Il documento contiene in Appendice anche la “lista delle 25 opere prioritarie” – già in corso di realizzazione, approvate o in progetto secondo le procedure della Legge Obiettivo già indicate nel DEF 2015 dal Ministero – che vanno avanti mentre dovrebbero essere verificate e riviste secondo i criteri di utilità pubblica e analisi costi/benefici indicati dallo stesso documento. C’è quindi una vistosa contraddizione tra i buoni principi e la realtà delle grandi opere in corso.
Il documento è coerente con i contenuti del nuovo Codice Appalti entrato in funzione il 19 aprile 2016, che cancella le semplificazioni della Legge Obiettivo 443 del 2001 del Governo Berlusconi. Si torna ad un unico regime ordinario di regole per realizzare le opere, il procedimento sarà in mano al Ministero dei Trasporti e le Infrastrutture, ritorna la VIA sul progetto definitivo, ma resta l’approvazione dei finanziamenti e dei relativi progetti rilevanti al Cipe. L’ultima versione del Codice Appalti pubblicata in Gazzetta ha indebolito il MIT e rafforzato il Cipe per le decisioni.
Il ritorno alla pianificazione dei trasporti e della logistica
La programmazione delle infrastrutture viene demandata a due strumenti fondamentali: il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica che deve indicare le politiche, gli obiettivi e gli strumenti, che motivano la scelta delle opere, da aggiornare ogni tre anni.
Il secondo strumento è il Documento Pluriennale di programmazione (DPP) che deve integrare tutti i programmi esistenti nelle opere pubbliche – RFI, ANAS, Porti, Aeroporti, reti urbane, Concessionarie Autostradali – con coerenza secondo i principi del DglS 228 del 2011 e mai applicato. Adesso ogni piano settoriale viene approvato ed attuato in modo separato, senza attenzione ai nodi ed alla integrazione dei progetti e dei servizi. Il primo DPP dovrà essere predisposto entro un anno.
A questo strumenti si aggiunge la project review, per rivedere le opere non ancora avviate ma già decise con le procedure della legge obiettivo, che sarebbero ben 165 opere per un costo complessivo di 145 miliardi.
L’Allegato, con le analisi sulla mobilità e le infrastrutture sono già “la premessa ad un nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica” con un quadro organico degli obiettivi, delle strategie, delle azioni intraprese e da intraprendere.
Il contesto di riferimento si inquadra nelle politiche europee delle reti TEN, analizza lo stato dei poli e delle reti urbane e metropolitane sottolineando i problemi di accessibilità nelle città, valuta lo stato dei nodi come porti, interporti ed aeroporti, effettua una disamina delle stato delle reti come strade, autostrade e ferrovie.
Di questo contesto italiano analizza i punti di forza e di punti di debolezza, tra cui le scarse risorse investite per la manutenzione, la ripartizione disomogenea di infrastrutture e servizi sul territorio nazionale, lo squilibro modale a favore della modalità stradale.
Nel secondo capitolo vengono indicati quattro obiettivi prioritari della strategia per le infrastrutture e di trasporti:
- Ø Accessibilità ai territori, all’Europa ed al Mediterraneo
- Ø Qualità della vita e competitività delle aree urbane
- Ø Mobilità sostenibile e sicura
- Ø Sostegno alle politiche industriali e di filiera
Per l’accessibilità viene indicato un obiettivo, un target: il 30% della popolazione dovrà essere servita dall’Alta velocità entro il 2030, ed un massimo di due ore per accedere a porti ed aeroporti.
Molto significativo ed opportuno per le aree urbane e metropolitane il target di mobilità sostenibile entro il 2030: la ripartizione modale della mobilità urbana dovrà raggiungere il 40% di trasporto pubblico, il 10% di mobilità ciclopedonale e si dovrà incrementare con un + 20% i km di tram/metro per abitante.
Obiettivi davvero sfidanti e necessari per garantire accessibilità, vivibilità nelle città, riduzione dei gas serra e delle emissioni inquinanti, che qualificano in senso innovativo la strategia del Ministro Delrio sulla mobilità urbana.
Le linee d’azione puntano all’integrazione modale, alla cura del ferro, allo sviluppo urbano sostenibile, alla crescita della portualità e della logistica, al riequilibro modale, favorire l’uso degli ITS, ad incrementare la manutenzione delle reti e la valorizzazione del patrimonio esistente, il potenziamento tecnologico delle infrastrutture.
Un’osservazione critica va fatta: tra gli strumenti non viene mai richiamata la VAS, la Valutazione Ambientale Strategica che dovrà accompagnare tutti i processi di elaborazione, partecipazione e valutazione dei Piani e Programmi, ormai obbligatoria.
Positivo che si torna a ragionare di pianificazione, di programmazione, di qualità dei progetti, con una critica esplicita alle semplificazioni ed alle liste della Legge Obiettivo, da sostituire con “investimenti realmente utili al Paese” per offrire servizi di trasporto capaci di soddisfare i bisogni di mobilità ed accessibilità del paese.
Ma intanto avanzano le grandi opere della legge obiettivo
Infrastrutture utili, snelle e condivise: cosi è il titolo del capitolo dedicato agli investimenti per i trasporti nell’Allegato: ottimo principio ma quando accadrà davvero?
Come detto nello stesso Allegato DEF 2016 si confermano in Appendice le 25 opere strategiche già decise con l’Allegato Infrastrutture del 2015, in parte in corso di realizzazione ed in parte in corso di progettazione, del valore di 70 miliardi di costo e di cui sono disponibili 48 miliardi, incluse le risorse private dei concessionari. Anche su queste opere sarebbe necessario applicare la project review, la revisione di progetto per verificarne l’utilità ed il sovradimensionamento.
Tra questi 25 interventi vi sono opere utili come metropolitane, reti tramviarie e Servizi Ferroviari Metropolitani. Ma ci sono anche pezzi di alta velocità come il terzo valico Milano-Genova o nuove autostrade come la Pedemontana Lombarda e la Pedemontana Veneta, che dovrebbero essere riviste dato che la loro realizzazione è al 15% ed hanno un impatto e costi notevoli a fronte di una scarsa utilità collettiva.
Oltre le 25 opere prioritarie ci sono altre 165 opere – per un costo complessivo di 145 miliardi – che sono state approvate dal Cipe con progetto preliminare, progetto definitivo e/ quadro economico e finanziario, ai sensi della Legge Obiettivo. Sarà necessario intervenire per selezionare, ridimensionare e cancellare una buona parte di queste opere come prevede lo strumento della project review previsto dal nuovo Codice Appalti.
Tra queste opere c’è l’Autostrada della Maremma, l’Autostrada Cispadana, la Gronda di Genova, il Passante di Bologna, il Tibre Parma-Verona. C’è la bretella Campogalliano Sassuolo, di cui il Cipe che nella seduta del 1 maggio 2016 avrebbe sbloccato e risolto gli aspetti finanziari, ai sensi Dlgs 163/2006 parte Legge Obiettivo, che quindi anche in questo caso continua a produrre i suoi effetti. In alternativa è il potenziamento ferroviario per le merci del distretto ceramico l’alternativa credibile.
E le preoccupazioni aumentano con il parere circolato nei giorni scorsi del DIPE, Presidenza del Consiglio, in cui si ipotizzava che tutte le opere con procedure autorizzative in corso con la legge obiettivo dovranno concludersi nello stesso modo.
Se poi aggiungiamo le semplificazioni in arrivo ai sensi della norma Madia, come la nuova Conferenza dei Servizi con il silenzio assenso anche per gli enti di tutela e la VIA ed il Regolamento “sblocca opere” per la completa delegificazione della Pubblica Amministrazione, il quadro è completo e preoccupante.
Il rischio concreto è che, cancellata la legge obiettivo, non si riescano a cancellare le grandi opere inutili e devastanti, mentre nuove semplificazioni sostituiscono quelle previste dal Codice Appalti del 2006. Serve una azione energica di indirizzo sul regime transitorio della legge Obiettivo del Ministro Delrio, capace di trasformare in fatti concreti le politiche positive annunciate nell’Allegato al DEF, per realizzare opere utili, snelle e condivise.
12 maggio 2016